“Vittime di un gioco di perversione”
La nebbia si era diradata in fretta e il sole iniziava a stiepidire
l'aria del mattino.
Il
tenente Annette Brennet arrivò in ufficio in perfetto orario. Nella
sua mente, le parole di Sullivan sulla
faccenda della proposta della F.B.I. giravano a vuoto: non aveva
ancora preso una decisione su cosa fare, se prendere tempo, o
accettare la loro proposta di entrare a far parte delle squadre della
F.B.I.. E comunque doveva aspettare che le facessero la proposta ufficialmente non poteva certo farsi avanti soltanto perché
Sullivan, indiscreto, le aveva anticipato la cosa raccontandole di
quella particolare telefonata dell'F.B.I al Capitano Brant.
Arrivata
al Police Department Investigation Annette andò diretta nell'ufficio del Capitano, che l'attendeva
per assegnarle un nuovo caso. Lui non fece alcun accenno alla
telefonata spifferata da Sullivan, piuttosto, le disse che la
omicidi aveva richiesto la sua collaborazione su un caso di
stupro e omicidio. La vittima era una donna di quarantadue anni. Il
crimine era stato scoperto il giorno precedente e i Detective erano
intervenuti mentre Annette era impegnata e non era stato possibile
darle la precedenza sulla scena del crimine.
Presa
conoscenza del caso, Annette si mise subito al lavoro. Si fece dare
il resoconto dai detective della Omicidi e
si recò all'indirizzo della donna assassinata.
Già
sapeva che la camera da letto in cui avevano trovato il corpo della
giovane donna, era stata ormai contaminata dalla presenza degli
uomini della Omicidi e della Scientifica: le sue percezioni
potevano esserne condizionate.
Entrò
nell'abitazione con la sua consueta prudenza, attenta a non mettere i
piedi dove non avrebbe dovuto. I segnalatori erano stati rimossi
dalla scena e nulla indicava i punti in cui i reperti il giorno
precedente, erano stati raccolti e portati in laboratorio dalla
squadra della Scientifica. La scena primaria era ormai priva
d'indizi e lei doveva leggere il rapporto dei detective per potersi render conto di quello che era stato trovato: oggetti
personali della vittima, quali abiti, borsa e scarpe, erano stati ritrovati disseminati, in maniera casuale, lungo il corridoio davanti all'entrata, sulle scale che salivano al piano superiore
e davanti alla stanza da letto.
Il
rapporto degli investigatori parlava del presupposto che la vittima
conoscesse il suo assassino e che fosse consenziente, almeno per quel
che riguardava l'inizio del rapporto sessuale che, poi,
inspiegabilmente, si sarebbe trasformato in stupro e omicidio.
Il
rapporto diceva anche che la vittima era stata vista in compagnia di un uomo, mentre si accingeva a entrare in casa, e che i due
sembravano essere in intimità. Ma la descrizione dell'individuo era stata vaga, i testimoni avevano parlato di un uomo dalla
corporatura media, piuttosto alto, biondo e con indosso abiti casual
e un giubbotto in pelle, color cuoio.
Annette
decise che aveva già letto abbastanza e che era arrivato il
momento di procedere con le sue indagini. Ripiegò le copie dei
rapporti e le infilò nella tasca della giacca, mentre saliva al
piano superiore.
Avanzò
nella camera e si avvicinò al letto, sul quale era evidente una
grossa chiazza di sangue, rappreso. Allungò la sua mano sul
copriletto e lo toccò in un punto a caso, lontano dalla macchia.
All'istante, come una fitta improvvisa, sentì attraversare il
suo corpo da una sensazione di dolore. Rabbrividì, ma non scostò la
mano, continuando a mantenere quel contatto così intenso e
spiacevole. Vide il volto di un uomo di fronte a sé, ma era coperto
da una maschera nera e non poté vederne tutti i lineamenti: solo il
mento e gli occhi erano visibili.
Quegli
occhi grigioverdi, che brillavano di una luce macabra, sembravano
sorriderle, e la curvatura del labbro inferiore, che sbucava dalla
maschera, era la conferma di quel crudele sorriso di compiacimento.
Lui
aveva le ginocchia posate sul letto su cui lei era distesa, nuda. Lo
vide avanzare lentamente, dai piedi, fin su, verso il volto.
All'improvviso,
Annette sentì la lama di un coltello penetrarle le intimità e urlò,
per quanto le sembrò reale. Sentì l'odore del sangue.
L'uomo
estrasse il coltello e lo portò all'altezza del proprio volto. Poi
avanzò rapidamente su di lei, mettendosi a cavallo del suo corpo e,
mentre la teneva stretta tra le gambe, osservò la lama del coltello,
muovendolo lentamente di fronte a sé. L'avvicinò alle narici e
l'annusò, l'odore del sangue sembrava inebriarlo.
Una
goccia scivolò lungo il manico sulla sua mano e, staccandosi,
andò a cadere sull'addome della ragazza che era ancora sveglia,
ma stava perdendo le forze.
Ma
prima che lei perdesse del tutto i sensi, l'uomo, rapido, spostò il
suo sguardo sulla pelle resa ancor più candida dal contrasto col colore del sangue. Alzò la mano che impugnava il coltello e
tornò a trafiggerla, con impeto. Le conficcò la lama nell'addome.
Poi, tirò a sé con forza il coltello, squarciandole il ventre.
Annette
sentì la lama passare attraverso la carne, lacerarle le viscere...
Svenne.
Quando
si risvegliò, si trovò accasciata a terra, ai piedi del letto,
tremante. Si alzò e riassettò il tailleur, controllando di non
averne macchiato il tessuto, mentre non riusciva quasi a controllare il tremito delle mani. Nonostante le innumerevoli volte in cui aveva
già sperimentato cosa volesse dire vivere il terrore di certi
momenti, violenti e crudeli, non era mai riuscita a farci
l'abitudine. Quelle scene erano così reali e terribili che ne poteva sentire ogni sensazione, ogni particolare, persino il
dolore e la lama nella carne, ferita dopo ferita. E quell'odore...
l'odore di sangue. Ma nei suoi ricordi, questa volta, l'odore del
sangue era mischiato a un altro odore. Si sforzò di ricordare... era
odore di dopobarba, del tipo raffinato, non comune, ma che lei non riusciva bene a distinguere.
Si
scosse, tentando di scrollare via anche quel malessere che aveva
imprigionato il suo corpo in quei lunghi momenti di terrore, poi
tornò a esaminare la stanza, mentre cercava di riprendersi dallo shock.
(segue)
PUBBLICATO nel 2009 in "Annette Brennet: rivelazioni di CRIMINI impuniti"
AUTORE Giovanna Alessandra Fenili
LT-Editore
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